Dal Belgio alla Germania, tutti i problemi di Facebook con la privacy

23 Febbraio 2018
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Privacy e social network: l’Europa non molla e continua a chiedere conto della raccolta dati degli utenti, della trasparenza dei processi e della richiesta di consenso. Dopo Francia e Germania, il Belgio torna all’attacco

A giorni alterni Facebook si sveglia e sa che dovrà correre più veloce di qualche Paese europeo, per non finire di nuovo in tribunale. Questa volta tocca al Belgio, dove una corte ha intimato alla piattaforma di Mark Zuckerberg l’interruzione della raccolta dei dati degli utenti, pena una multa da 250mila euro al giorno, fino a un tetto di 100 milioni.

In ordine di tempo, quello tra la commissione belga per la tutela della privacy e Facebook, non è che il più recente capito di una lunga storia, che vede l’Europa impegnata nella difesa dei dati degli utenti. Sempre sul terreno di quella tutela si è mossa la decisione che ha dato ragione alle organizzazioni dei consumatori in Germania a gennaio scorso: anche in quel caso si parlava di poca trasparenza nella raccolta delle informazioni sensibili che consentono a chi fa pubblicità online di indirizzarla con maggiore precisione.

I Paesi europei hanno ripreso Facebook più volte – e su più fronti – nel corso degli anni e Menlo Park sa che dovrà farsi trovare pronto per il prossimo 25 maggio, quando entrerà in vigore il Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati. La direttrice operativa Sheryl Sandberg aveva annunciato a gennaio nuovi strumenti che rendessero gli utenti più consapevoli: “Stiamo rilasciando un nuovo privacy center a livello globale: metterà le principali impostazioni sulla privacy di Facebook in un unico posto e renderà molto più facile per le persone gestire i propri dati”.

Non è detto che queste soluzioni risultino sufficienti. Tornando in Belgio, la corte ha convenuto che Facebook “non informa in modo sufficiente sulla raccolta delle nostre informazioni, sul tipo di dati che raccoglie, su ciò che fa con quei dati e per quanto tempo li memorizza”. In aggiunta, “non ottiene il nostro consenso per raccogliere e archiviare tutte queste informazioni” (per questo gli è stato ordinato di cancellare i dati raccolti illegalmente).

Facebook ha intenzione di ricorrere in appello e intanto, riporta The Guardian, ha fatto chiarire a Richard Allan, vicepresidente della policy pubblica di Facebook per l’EMEA qualcosa sull’attività del social su siti terzi: “I cookie e i pixel che utilizziamo sono tecnologie standard del settore e consentono a centinaia di migliaia di aziende di far crescere le loro attività e raggiungere i clienti in tutta l’Unione Europea”. 

“Richiediamo a qualsiasi azienda che utilizzi le nostre tecnologie di fornire un chiaro avviso agli utenti finali e diamo alle persone il diritto di non partecipare all’utilizzo dei dati raccolti su siti e app da Facebook, utilizzati per gli annunci”, ha aggiunto.

Il punto resta lo stesso: qualcuno sostiene che la chiarezza sia troppo poca, mentre Facebook risponde che le informazioni, a ben vedere, ci sarebbero e gli standard vengono rispettati. Già nel 2015 il Belgio aveva ordinato a Facebook di smetterla di tracciare gli utenti non iscritti al loro sito e un anno dopo, si era fatta sotto la Francia.

Tutela della privacy significa consumatori consapevoli: già all’inizio dell’anno scorso Věra Jourová, commissaria europea per la Giustizia, Tutela dei consumatori e Uguaglianza di genere, aveva chiesto agli Stati Membri una stretta su questi temi in riferimento alle piattaforme online. Ed è tornata ad esprimersi pochi giorni fa. Per rispettare le regole dell’Ue, Facebook, Twitter e Google+ hanno cambiato le condizioni contrattuali in base alle richieste di Bruxelles: in questo caso, si parla del riconoscimento del diritto di recedere da un acquisto online e della possibilità di depositare un reclamo direttamente sul territorio, anziché in California.

Mentre Google pare aver risposto in maniera ritenuta soddisfacente rispetto alle direttive, “Facebook e, più significativamente, Twitter hanno rimediato solo in parte a importanti aspetti riguardanti le loro responsabilità e il modo in cui gli utenti sono informati della possibilità di rimuovere i contenuti o recedere dal contratto”, ha detto la Commissione.

 

Fonte: Wired

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